Frontespizio

Le conclusioni provvisorie sono come i massi che ci consentono di attraversare un piccolo fiume: saltiamo dall'una all'altra, e possiamo farlo di volta in volta solo perché i "massi" precedenti ci hanno portato a quel punto.

«Che cosa rimane del pensiero critico, se rinuncia alla tentazione di aggrapparsi a schemi mentali, a retoriche e ad apparati argomentativi prefabbricati e di sicuro effetto scenico (manicheismo, messianismo, settarismo, complottismo, moralismo e simili...)? Non perde forse la sua capacità di attrarre l'attenzione dell'uditorio distratto facendogli sentire il suono delle unghie che graffiano la superficie delle cose?» può domandarsi qualcuno.
No, al pensiero critico non servono “scene madri” né “effetti speciali”; anzi, quanto più si dimostra capace di farne a meno, tanto più riesce a far comprendere la fondatezza e l'urgenza dei propri interrogativi. (In my humble opinion, of course!)

sabato 7 settembre 2013

Léo Ferré e Frank Zappa a vent'anni dalla loro scomparsa (1993-2013) ovvero: Paralleli impensati

Per qualche decennio la storia della musica del Novecento, o “musica contemporanea”, è stata presentata, nei testi autorevoli dedicati al tema, come storia di avanguardie “illuminate” che hanno infranto le convenzioni e gli schemi del passato, e quindi è stata riassunta in alcuni nomi noti soltanto ai cultori della materia, a parte Stravinskij o Ravel (forse più noti al pubblico profano, ma meno conformi al modello dell'“avanguardia dura e pura”): Schönberg, Webern, Ives, Hindemith, Messiaen, Dallapiccola, eccetera eccetera, fino ai più “recenti” Nono, Berio, Cage... e così via (inutile allungare l'elenco, bastano questi esempi per far comprendere cosa intendo).

In tal modo, la musica ascoltata, conosciuta e amata da gran parte del pubblico dei “non addetti ai lavori” non aveva cittadinanza nei testi “ufficiali” di storia della musica, quelli che sono destinati a conservare memoria delle “gesta musicali” del nostro tempo a beneficio delle generazioni future.
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