Frontespizio

Le conclusioni provvisorie sono come i massi che ci consentono di attraversare un piccolo fiume: saltiamo dall'una all'altra, e possiamo farlo di volta in volta solo perché i "massi" precedenti ci hanno portato a quel punto.

«Che cosa rimane del pensiero critico, se rinuncia alla tentazione di aggrapparsi a schemi mentali, a retoriche e ad apparati argomentativi prefabbricati e di sicuro effetto scenico (manicheismo, messianismo, settarismo, complottismo, moralismo e simili...)? Non perde forse la sua capacità di attrarre l'attenzione dell'uditorio distratto facendogli sentire il suono delle unghie che graffiano la superficie delle cose?» può domandarsi qualcuno.
No, al pensiero critico non servono “scene madri” né “effetti speciali”; anzi, quanto più si dimostra capace di farne a meno, tanto più riesce a far comprendere la fondatezza e l'urgenza dei propri interrogativi. (In my humble opinion, of course!)

lunedì 31 ottobre 2011

I dilemmi della politica: qualche riflessione

Nella politica si è chiamati a confrontarsi con dilemmi, nel senso che le scelte che la politica si trova ad affrontare non sono quasi mai alternative “secche”: l'ottimo da una parte, il pessimo dall'altra.

Sicché dobbiamo forse diffidare sia di chi ci dice: “Il mondo è andato sempre così, ci sono state sempre ingiustizie; quindi, se non si può fare nulla, tanto vale lasciare tutto com'è” (opzione conservatrice “secca”) sia di chi ci dice: “Ho la ricetta per costruire finalmente il paese dei balocchi; perciò basterà applicarla e all'istante tutto cambierà, tutti saranno felici, ricchi, realizzati, e sparirà ogni conflitto” (opzione rivoluzionaria “utopica” in senso stretto).

Forse in entrambi i casi si tratta di tentativi - per quanto differenti tra loro nelle premesse e/o negli esiti - di fuggire dalla fatica delle cose quotidiane, dall'apparente lentezza e “ingratitudine” del lavoro sulla realtà, fatto con tenacia giorno per giorno senza cedere all'illusione di rintracciare scorciatoie a tale fatica o surrogati nei quali rifugiarsi.

lunedì 24 ottobre 2011

Promesse e "miracoli" in politica

Partiamo da un esempio - e ciascuno dei lettori di questo blog o di questo post è in grado di valutare se (e quanto) è frutto di pura fantasia o se (e quanto) si ispira a casi reali. 

Quando un leader politico, che è responsabile della politica di un Paese perché si trova ad essere alla guida del governo, dichiara (ad es. perché messo alle strette, al tempo stesso, da una crisi economica incalzante e da richieste incessanti avanzate dal suo elettorato): “Non posso fare miracoli!”, tutto sommato dice il vero.

Se però quello stesso leader in campagna elettorale ha promesso miracoli, la sua dichiarazione diventa un sconfessione (della validità) delle sue precedenti promesse. (E questa considerazione è valida anche se lui non vuole ammettere esplicitamente l'evidenza della contraddizione, perché, come ben si comprende, l'ammissione pubblica di incoerenza - specie nel caso di promesse non mantenute - è politicamente svantaggiosa.)

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