Frontespizio

Le conclusioni provvisorie sono come i massi che ci consentono di attraversare un piccolo fiume: saltiamo dall'una all'altra, e possiamo farlo di volta in volta solo perché i "massi" precedenti ci hanno portato a quel punto.

«Che cosa rimane del pensiero critico, se rinuncia alla tentazione di aggrapparsi a schemi mentali, a retoriche e ad apparati argomentativi prefabbricati e di sicuro effetto scenico (manicheismo, messianismo, settarismo, complottismo, moralismo e simili...)? Non perde forse la sua capacità di attrarre l'attenzione dell'uditorio distratto facendogli sentire il suono delle unghie che graffiano la superficie delle cose?» può domandarsi qualcuno.
No, al pensiero critico non servono “scene madri” né “effetti speciali”; anzi, quanto più si dimostra capace di farne a meno, tanto più riesce a far comprendere la fondatezza e l'urgenza dei propri interrogativi. (In my humble opinion, of course!)

venerdì 4 novembre 2011

Appunto sulla crisi (ovvero: Non vorrei dirlo, ma...)

Nessuno dei “grandi esperti” sa realmente cosa fare, quale leva muovere, quale pulsante pigiare per “spegnere” la crisi in atto: forse è meglio dirselo chiaramente, a scanso di illusioni (come se già non ne avessimo bevute abbastanza).

lunedì 31 ottobre 2011

I dilemmi della politica: qualche riflessione

Nella politica si è chiamati a confrontarsi con dilemmi, nel senso che le scelte che la politica si trova ad affrontare non sono quasi mai alternative “secche”: l'ottimo da una parte, il pessimo dall'altra.

Sicché dobbiamo forse diffidare sia di chi ci dice: “Il mondo è andato sempre così, ci sono state sempre ingiustizie; quindi, se non si può fare nulla, tanto vale lasciare tutto com'è” (opzione conservatrice “secca”) sia di chi ci dice: “Ho la ricetta per costruire finalmente il paese dei balocchi; perciò basterà applicarla e all'istante tutto cambierà, tutti saranno felici, ricchi, realizzati, e sparirà ogni conflitto” (opzione rivoluzionaria “utopica” in senso stretto).

Forse in entrambi i casi si tratta di tentativi - per quanto differenti tra loro nelle premesse e/o negli esiti - di fuggire dalla fatica delle cose quotidiane, dall'apparente lentezza e “ingratitudine” del lavoro sulla realtà, fatto con tenacia giorno per giorno senza cedere all'illusione di rintracciare scorciatoie a tale fatica o surrogati nei quali rifugiarsi.

lunedì 24 ottobre 2011

Promesse e "miracoli" in politica

Partiamo da un esempio - e ciascuno dei lettori di questo blog o di questo post è in grado di valutare se (e quanto) è frutto di pura fantasia o se (e quanto) si ispira a casi reali. 

Quando un leader politico, che è responsabile della politica di un Paese perché si trova ad essere alla guida del governo, dichiara (ad es. perché messo alle strette, al tempo stesso, da una crisi economica incalzante e da richieste incessanti avanzate dal suo elettorato): “Non posso fare miracoli!”, tutto sommato dice il vero.

Se però quello stesso leader in campagna elettorale ha promesso miracoli, la sua dichiarazione diventa un sconfessione (della validità) delle sue precedenti promesse. (E questa considerazione è valida anche se lui non vuole ammettere esplicitamente l'evidenza della contraddizione, perché, come ben si comprende, l'ammissione pubblica di incoerenza - specie nel caso di promesse non mantenute - è politicamente svantaggiosa.)

venerdì 30 settembre 2011

L'incomprensibile nostalgia del signor C. (o P. o R.): ipotesi immaginaria ma verosimile


Il signor C. (o P. o R., ecc., a piacere...) un bel giorno ha lasciato la politica, a malincuore e non senza patemi d'animo, perché invischiato in questioni imbarazzanti.
E' passato del tempo, e un altro bel giorno il signor C. (o P. oppure R., ecc.) ci ha ripensato e si è detto che in fondo il suo periodo di terreno “purgatorio” poteva bastare, cosicché ha bussato alle porte dei comunicatori pubblici, e mediante loro ha fatto sapere al mondo di voler tornare nell'agone della politica, del quale sentiva troppa nostalgia.

giovedì 8 settembre 2011

La solitudine è "plurale": riflessione con intermezzi musicali

Volendo parlare della solitudine, gli spunti dai quali partire per tentare una riflessione sono innumerevoli.
Personalmente mi piace partire da alcune considerazioni di Léo Ferré, musicista e chansonnier, ma soprattutto poeta della canzone, che aveva una mente brillante e poliedrica, e una vasta cultura.
L. Ferré nel 1971 pubblicò un album intitolato La solitude, e in esso vi era un brano avente lo stesso titolo, che tratteggiava i "contorni" della solitudine con versi sferzanti, lucidi sino a far male.

giovedì 1 settembre 2011

Moro, filo di Arianna nel labirinto dei "gattopardi" italiani: su un saggio di Miguel Gotor

Questo periodo non è facile per l'Italia, e lo sappiamo bene: in prospettiva l'anno che abbiamo davanti non ci appare affatto roseo.
Ma questo non è l'unico momento di “difficoltà nazionale” che abbiamo attraversato (oltretutto stavolta i problemi li condividiamo con l'Europa intera); non so dire se sia “più” o “meno” difficile di altri, anche perché – ripeto – non è mica finita qui... però senz'altro certe stagioni del nostro passato sono state durissime, e dai loro drammi potremmo ricavare utili lezioni sui nostri difetti collettivi. Questo è ciò che cerca di spiegarci un denso saggio di Miguel Gotor, Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l'anatomia del potere italiano, edito quest'anno da Einaudi.

domenica 28 agosto 2011

La trappola del possesso, ovvero un equivoco dei sentimenti

Il primo errore consiste nella scelta del verbo. Perché "avere"? Diciamo: ho una moglie, ho figli (ma anche - per quanto riguarda le donne - ho un marito...), eccetera.
No, nessuno appartiene a nessuno; usare la nozione di "possesso" (implicita nel verbo "avere") per riferirsi ai rapporti personali più stretti (familiari, di coppia) è un clamoroso errore - oppure è un abbaglio strategico, voluto da chi per primo ha cominciato a costruirlo così, il castello dei rapporti affettivi. Distorsione voluta per addomesticare ciò che più difficilmente, nella vita umana, si può ricondurre a linee razionali controllabili, programmabili o comunque prevedibili.

venerdì 5 agosto 2011

La violenza sulle donne: questione da affrontare "senza se e senza ma"

Perché - si potrà domandare qualche lettore - parlo di questo tema?
Le ragioni sono tante, ma principalmente questa, che credo da sola basti: lo considero un problema grave, che una società realmente "civile" dovrebbe a parer mio affrontare seriamente, senza rifugiarsi nei soliti alibi.


E la ricerca dell'alibi, di uno degli alibi qualsiasi coi quali si cerca solitamente di minimizzare la gravità della questione, mi dà in questo caso fastidio oltre ogni immaginazione.
Anche perché, mai come in questo caso, mi suona come una inopportuna e vergognosa fuga (collettiva) dalle responsabilità.


Perché parlarne adesso, oggi? Perché è un tema sempre attuale, ed ogni momento è quello buono (finché non troverà una vera soluzione).



martedì 2 agosto 2011

"Militanza" oppure "milizia": a proposito di politica e idee

Oggi si afferma e si ripete che la militanza politica è in crisi. Se questo è vero, è forse opportuno cercare di individuare le cause di questa crisi, dal momento che senza "militanti" veri, provenienti dai vari settori e strati della società, la politica si riduce sempre più ad un affare "da laboratorio", o anche da salotto, e comunque si concentra sempre più nel vertice degli "addetti ai lavori", semplificando in apparenza il linguaggio della comunicazione, ma non perché la politica si sia semplificata e si sia "avvicinata al cittadino"; nossignori, questa è pura retorica: il linguaggio politico si banalizza in realtà per venire incontro "alle ridotte capacità" di comprensione (rubo la battuta a Luttazzi...) dell'uditorio ormai "depoliticizzato", per suggerirgli che "stiamo lavorando per voi" facendo al tempo stesso di tutto però perché l'uditorio si contenti di quelle "ridotte capacità" e si tenga ben lontano da "quella cosa sporca" che è la politica. Trucco entro certi limiti ben riuscito, indubbiamente; almeno finché qualche evento eclatante non fa scoprire di colpo che non stanno affatto "lavorando per noi", lassù nel laboratorio chiuso della politica.

venerdì 29 luglio 2011

Per le strade /2

Le strade sono fatte per durare, per restare. Ogni tanto qualche lavoro di manutenzione, per tenerle in forma e riparare buchi e smagliature dell'asfalto, e poi riprendono il loro compito, solerti.

Ecco, quanta gente passa per una determinata via di città, in un anno? E in un decennio?
Forse possono esserci sistemi statistico-matematici per arrivare a definirlo con una certa approssimazione; ma di solito non si può conoscere il dato con sicurezza.

Quante automobili percorrono un'importante strada di una grande o media città, in dieci, in vent'anni? Se la strada è appunto di quelle importanti, discretamente occupate dal traffico giorno e notte, forse bisogna immaginare che in dieci anni ci siano passate decine di migliaia di automobili. Forse di più, chissà...

lunedì 25 luglio 2011

Per le strade /1

Ogni luogo sulla terra esiste fisicamente da millenni; e sicuramente fin dall'inizio della storia dell'umanità.
Certo, esiste nello spazio, come zona o punto identificabile mediante coordinate spaziali (distanza dall'Equatore, ecc.), ma non è stato necessariamente sempre come lo vediamo.



Esistevano forse le città nelle quali ora viviamo, poniamo, tremila anni fa?
No, la maggior parte di esse forse non c'era affatto, o era completamente diversa, più incerta e precaria nella fisionomia, e di sicuro - se ci riferiamo a città medie o grandi - era molto più piccola, un villaggio o poco più.



lunedì 18 luglio 2011

Torniamo (sempre) a fare i conti coi privilegi (ovvero: Rileggendo Sieyès)

Uno degli spettacoli più indecenti ai quali possa capitarci di assistere, in qualunque epoca, è l'arroganza dei privilegi.
Se ne parla molto in questo periodo, specialmente quando si fa riferimento alla cosiddetta “casta” (che, nonostante il nome, non ha molto a che vedere con la struttura sociale tradizionale indiana...).

Ma l'attuale crisi economica offre parecchi spunti di riflessione in proposito.
Un esempio lampante, di portata ormai internazionale?
Il bilancio di uno Stato è in sofferenza, e i privilegiati, i cittadini più ricchi e potenti, non pensano al contributo che possono dare al suo risanamento: no, rifiutano qualsiasi sacrificio, per principio, in nome dei loro stessi privilegi, la cui conservazione e conferma in perpetuo è evidentemente il valore più importante, per loro.

venerdì 15 luglio 2011

Sui mali del ragionamento “double standard” e sui dilemmi della politica internazionale

Si sarà compreso che tendo a non dare spazio alla cronaca, piccola o grande che sia, il che non vuol dire che non la tenga in alcun conto; anzi...
Il fatto è che non m'interessa soffermarmi sul caso particolare, ma preferisco concentrarmi sull'analisi degli atteggiamenti mentali, sull'uso dei concetti e dei paradigmi teorici o delle categorie diffuse nel nostro mondo e nel nostro tempo; in qualche modo, infatti, concentrandosi sul caso particolare, si rischia troppo spesso di confondere il dettaglio contingente con l'essenziale e, insomma, la luna col dito che la indica (secondo la classica metafora).

sabato 9 luglio 2011

In questi dieci anni...

Un decennio è un arco di tempo che riveste in qualche misura un significato simbolico.
Certo, ci si può domandare cosa ci sia di diverso, in fondo, tra 9 anni e 10 anni, o tra 10 e 11; cosa cambia? perché dobbiamo farci condizionare da simbologie arbitrarie, come quelle che si determinano quando attribuiamo un significato speciale alle cosiddette “cifre tonde” (il quinquennio, il decennio, il ventennio, e i relativi bilanci più o meno celebrativi: il decennale, il ventennale...)?

Tutte domande lecite e sensate, che di solito mi pongo.
Tuttavia a volte (non sempre) càpita che entità “simboliche”, come il decennio, per circostanze non facili da definire o spiegare interamente e chiaramente (anche per la molteplicità dei fattori coinvolti), coincidano con cicli effettivi della nostra esistenza, ovvero con periodi che si possono a ragione delimitare idealmente, senza essere per forza “arbitrari”.

domenica 3 luglio 2011

Due saggi di Nadia Urbinati sul vero valore della democrazia rappresentativa

La democrazia è un oggetto difficile di discussione.
"Ma come? - osserverà forse qualcuno - Proprio nell'epoca in cui l'idea democratica sembra imporsi come non mai ad ogni latitudine? E nonostante il fatto che noi godiamo dei benefici di un ordinamento democratico ininterrottamente da più di cinquant'anni?"

Ma proprio perché oggi tutto passa attraverso la democrazia, tutto si risolve con la democrazia, e ogni tema sociale, ogni problema economico devono essere vagliati e soppesati alla luce delle procedure e delle esigenze della democrazia, proprio per questo, insomma, la democrazia s'infila dappertutto e diventa il concetto che tutti devono utilizzare per giustificare le loro teorie, i loro programmi e i loro discorsi, e quindi rischia di trasformarsi in un “percorso obbligato” attraverso il quale ottenere il “marchio ufficiale” (una sorta di certificazione come quella relativa alla “d.o.c.”) che serve a dare legittimità alle più diverse pretese.

domenica 26 giugno 2011

Straniero comunque. Una lettura amichevole di Piero Ciampi / 2

Vai alla prima parte


[Seconda parte]

Un altro capolavoro è senz'altro In un Palazzo di Giustizia, un piccolo film in forma di canzone. Qui l'autore-io narrante e la sua donna s'incontrano nel luogo citato nel titolo, per discutere una causa di separazione. L'ascoltatore riesce a “vederli” agire, a leggere i loro volti imbarazzati (“ci guardiamo di sfuggita”), la tensione che cercano di controllare (“Io ti sparo, tu mi spari...”).

Straniero comunque. Una lettura amichevole di Piero Ciampi / 1

[Prima parte]


Premessa “in soggettiva”

Comincio col confessare un rammarico: non ho conosciuto personalmente Piero Ciampi - e in ogni caso non avrei purtroppo mai potuto conoscerlo, quantomeno per motivi anagrafici: nel senso che ero un ragazzino quando lui ci lasciò, vivevo in tutt'altra città e soprattutto all'epoca non sapevo neppure della sua esistenza.

L'ho scoperto qualche anno dopo, Piero Ciampi, e compresi allora, leggendo qualche suo testo e ascoltando qualche sua canzone, che mi sarebbe piaciuto davvero conoscerlo di persona. 

sabato 18 giugno 2011

Combattiamo le ingiustizie, ma non esageriamo coi "soggetti messianici"

Spesso in passato, ma anche attualmente, si è fatta e si fa una certa confusione fra il ruolo sociale che un determinato soggetto ha (e le ingiustizie e discriminazioni che subisce a causa di quel ruolo) - o la sua identità di genere, etnica, ecc. - e le qualità personali del soggetto stesso.
Da questa confusione derivano conseguenze notevoli, nelle teorie, nei discorsi, nelle concezioni personali di ciascuno e soprattutto nel comportamento quotidiano; ma derivano anche fraintendimenti, illusioni e abbagli (ma talvolta anche mistificazioni) che possono purtroppo riflettersi negativamente sull'applicabilità e la "praticabilità" delle teorie stesse - anche delle più valide e condivisibili.

domenica 12 giugno 2011

Il diritto d'autore: aspetti discutibili

Il diritto d'autore sicuramente è per molti aspetti una conquista perché tutela il lavoro di chi mette a frutto i propri talenti e il proprio ingegno per dare alla luce opere letterarie, scientifiche, artistiche, musicali, ecc.: in passato, infatti, quando questo diritto non era protetto da alcuna legge, molto spesso capitava che il lavoro di un artista, scrittore, musicista o scienziato venisse "carpito" fraudolentemente da persone che se ne attribuivano la paternità e il merito, ricavando da questo comportamento disonesto vantaggi economici.

mercoledì 8 giugno 2011

Il lavoro, detestato nella sua nuova, "smagliante" flessibilità

Ogni volta che c'è qualche eclatante manifestazione di protesta dei "precari", si ripresenta (timidamente, in realtà) sulla stampa e in televisione il dibattito sul lavoro.
Per l'ennesima volta ci sentiamo quindi dire, ad esempio, che al giorno d'oggi non si può più pensare al lavoro in termini di "posto fisso" e che bisogna adattarsi alla cosiddetta "flessibilità".

Tutti abbiamo un alibi, ovvero nessuno vuol rispondere più di nulla

Ci sono problemi che con la loro presenza “assillante” a tutti i livelli (dalla famiglia ai luoghi di lavoro, e su fino al mondo politico-istituzionale) possono caratterizzare un'epoca, una stagione o un Paese, rendendo una nitida fotografia dei loro difetti generali e limiti.
Credo che nell'Italia di oggi – e non soltanto nei “massimi sistemi”, ma soprattutto nella nostra vita quotidiana – un problema di questo genere sia rappresentato dalla potenziale assenza dei vincoli.
E' un problema che possiede diverse facce e sfaccettature, due delle quali – strettamente legate fra loro – possono essere definite come: deresponsabilizzazione e rivendicazione dell'alibi.

lunedì 6 giugno 2011

Il senso e i contenuti dell'eguaglianza, oggi (qualche appunto)

Non credo si possa riproporre oggi una concezione "d'antan" o nostalgica del comunismo, secondo la quale dovremmo essere tutti tendenzialmente uguali nella povertà. Perché l'idea di eguaglianza, in una società come quella attuale, se viene associata all'idea di "povertà", suona come arretramento, privazione, sconfitta individuale e collettiva. E perciò chi si ostina - per le ragioni più disparate, che vanno appunto dall'ostinata nostalgia (dell'URSS di Breznev, forse, o della Romania di Ceausescu? possibile?) a un intransigente "egualitarismo moralistico" e quindi pauperistico - a proporre questa idea di comunismo, ritenendo che possa ancora risvegliare passioni forti nelle "masse", non può che condannarsi a veder girare a vuoto i propri sforzi.

L'abusato mito del "passato felice": maneggiare con cura

Quando qualcuno esalta acriticamente situazioni o istituzioni del passato, o interi periodi storici, presentandoli come perfetti, idilliaci e/o immacolati, bisogna diffidare: sta barando. Come minimo, omette strategicamente di presentare all'interlocutore anche tutte le brutture, gli orrori e gli "accidenti" del periodo prediletto, o decide soggettivamente di minimizzarne l'importanza, cercando di farci accettare subdolamente (ossia attraverso la suggestione della sua capacità retorica e non attraverso un esame obiettivo di tutti i pro e i contro) questa sua decisione a priori.

L'invidia, ovvero l'argomento di chi non ha argomenti

Nella mia esperienza mi sono reso conto che ci sono alcuni argomenti “facili facili” coi quali suggestionare l'uditorio anche senza dover assumersi l'onere di dimostrare la verità di ciò che si sostiene.
Due di questi sono: “C'è un complotto contro di me” e “Sono invidiosi di me”.

Il ritornello del "tutti uguali"

A volte viene usata nelle discussioni, politiche e non, l'argomentazione polemica: "sono tutti uguali". (Lo si dice in riferimento a partiti politici, ma ad es. anche riguardo agli uomini o alle donne, come luogo comune: "sono tutti uguali", appunto.)
In realtà, non può mai darsi il caso che due soggetti, oggetti o entità differenti siano nettamente uguali; vi sono tra essi pur sempre delle differenze che li distinguono e contraddistinguono. E perciò affermare che "sono uguali" è sempre e soltanto una verità parziale, non coglie l'"essenza" dei soggetti in questione, ma solo alcuni aspetti.

Di certa critica "totale e intransigente"

Criticare è necessario. Ma la critica "totale e intransigente" può essere in astratto una "lista della spesa" di errori da correggere, di cose malfatte, disfunzioni, ingiustizie, ecc.; e sotto questo profilo è importante almeno come promemoria per coloro che devono attivarsi a correggere le storture che la lista addita, e anche come monito per spuntare le ali a una retorica politica che si spinge a volte a celebrare trionfi prematuri, se non immotivati.

Riflessioni aperte, conclusioni provvisorie

Si scrive per chiarire posizioni, opinioni e idee. Chiarirle innanzitutto a se stessi, traendo un ragionamento dall'oscurità delle intuizioni - e poi, di riflesso, anche agli altri, ammesso che siano divenute davvero "chiare". Già: perché non condivido l'operato di chi scrive per propagare fumo, nebbia e oscurità. Amo insomma la chiarezza di marca illuminista, e ad essa amo accompagnarmi, e diffido viceversa dell'oscurità di chi pretende di rivolgersi solo a pochi iniziati o "eletti". Ma eletti da chi, poi? e per fare cosa?

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