Frontespizio

Le conclusioni provvisorie sono come i massi che ci consentono di attraversare un piccolo fiume: saltiamo dall'una all'altra, e possiamo farlo di volta in volta solo perché i "massi" precedenti ci hanno portato a quel punto.

«Che cosa rimane del pensiero critico, se rinuncia alla tentazione di aggrapparsi a schemi mentali, a retoriche e ad apparati argomentativi prefabbricati e di sicuro effetto scenico (manicheismo, messianismo, settarismo, complottismo, moralismo e simili...)? Non perde forse la sua capacità di attrarre l'attenzione dell'uditorio distratto facendogli sentire il suono delle unghie che graffiano la superficie delle cose?» può domandarsi qualcuno.
No, al pensiero critico non servono “scene madri” né “effetti speciali”; anzi, quanto più si dimostra capace di farne a meno, tanto più riesce a far comprendere la fondatezza e l'urgenza dei propri interrogativi. (In my humble opinion, of course!)

mercoledì 25 aprile 2012

I partiti (in crisi), la partecipazione e il nuovo "spettro": l'antipolitica


Premessa

In questo post parlerò di partiti, al plurale, senza fare soverchie distinzioni fra loro.

Qualcuno potrà farmi notare che ciò è scorretto, perché i partiti sono per loro natura diversi l'uno dall'altro, giacché la competizione (per la conquista del governo in libere elezioni) è la loro stessa ragion d'essere, e nel loro complesso rendono visibili proprio le differenze (sociali, ideologiche, ecc.) esistenti all'interno di una collettività. A mio parere, però, questo è vero e al tempo stesso non lo è. Mi spiego: i partiti politici sono per definizione differenti fra loro – è innegabile – ma tendono a costituire anche un sistema, che presenta, in ogni Paese, caratteristiche sue proprie, che in una certa misura accomunano quindi i partiti stessi.

In questo post non mi occuperò delle differenze tra i partiti, che non nego; ma mi concentrerò invece sulle loro caratteristiche comuni, come partecipanti a un comune spazio politico, che contribuiscono peraltro a regolare (di questo spazio comune fa parte, ad es., il sistema del finanziamento pubblico ai partiti medesimi).

lunedì 16 aprile 2012

La tendenza a ridurre la politica a una pura questione di "tifoseria", ovvero: Tentazioni da social network


I social network si possono giudicare in tanti modi; e soprattutto si può valutare in molti modi l'uso che di essi viene fatto dagli utenti.

In particolare, per l'importanza che oggi i social network innegabilmente rivestono (sempre più persone si iscrivono a Facebook o a Twitter, ad es.: piattaforme come queste dunque vivono una fase di espansione della loro "popolarità" e delle loro potenzialità), essi diventano strumenti sempre più necessari e imprescindibili di comunicazione politica.

Ci si può chiedere se e fino a che punto i social network influenzino il modo di comunicare e di veicolare i messaggi anche in campo politico, e - di converso - se e fino a che punto invece essi si limitino a fornire un'arena pubblica (ma, a differenza di altri media, con meno barriere nell'accesso e con la possibilità di stabilire interazioni in tempo reale con altri utenti) per tendenze, valori, atteggiamenti già presenti e formati all'interno della società.

sabato 14 aprile 2012

Europei, non rinunciate alla democrazia. Lo dice anche Amartya Sen...


Anche Amartya Sen - economista e politologo di fama mondiale, professore all'Harvard University, nonché Premio Nobel per l'economia - in una recentissima intervista (risale a giovedì scorso) rilasciata ai giornalisti Olaf Storbeck e Dorit Heß per il quotidiano tedesco “Handelsblatt” (specializzato in economia e finanza), afferma di vedere la democrazia in pericolo in Europa.

L'intervista è riportata anche in inglese, sul blog di Storbeck, “Economics Intelligence” [è questa la fonte dei passi riportati (e tradotti) sotto; la traduzione in italiano è a cura del sottoscritto], e a mio avviso contiene spunti importanti in ogni sua parte, anche quando tocca argomenti più “tecnici” riguardanti le teorie economiche.

Non potendo tradurla integralmente (anche perché, per le regole che mi sono imposto di seguire in questo blog, dovrei poi anche commentarla tutta...), mi limito a indicare alcuni passaggi che sono significativi in tema di “democrazia” e procedure democratiche, e più in generale in tema di decisioni politiche.

lunedì 2 aprile 2012

La libertà di non vendersi (ovvero: né moralismo, né "mercatismo")

Le considerazioni che seguono si collegano alle riflessioni fatte in un precedente post in due parti: Il moralismo, scorciatoia per smarrirsi [parte 1 / parte 2], del quale costituiscono una nota a margine. (Ma valgono anche come annotazioni a sé stanti.)


§


Ogni tanto, negli ambienti della destra “libertaria” c'è qualcuno che afferma, forse in maniera goliardico-provocatoria (a loro piace a volte assistere alle reazioni scandalizzate di alcuni intellettuali “seriosi”) o forse per sondare il terreno al fine di capire se i tempi sono maturi per “mercatizzare” ogni spazio dell'esistenza (chissà), che “ciascuno può fare quel che vuole”, anche utilizzare il proprio corpo, la propria avvenenza, ecc., per fare carriera, anche in politica.

Il moralismo, scorciatoia per smarrirsi. Commentando un libro di Valeria Ottonelli sul "femminismo moralista" / 2



Seconda parte

Non esiste solo un pluralismo politico, del quale tutte le persone democratiche sostengono la validità e la necessità; esiste anche un pluralismo delle scelte e dei modelli di vita (così come un pluralismo dei valori e degli orientamenti personali, ecc.), e non si può ammettere e difendere l'esistenza del primo senza ammettere, difendere e riconoscere la necessità e la piena legittimità del secondo.

Il pluralismo politico infatti, se si riduce a garantire soltanto l'esistenza di più partiti in Parlamento è un guscio vuoto; quei partiti differenti devono anche far riferimento e rispecchiare differenti modelli di vita, valori e orientamenti presenti nella società, dar loro voce. E anche indipendentemente da ciò che fanno o possono fare i partiti (giacché non possiamo immaginare che tutti svolgano compiutamente e correttamente il loro ruolo né che soltanto da questa compiutezza e correttezza di comportamento venga fatta dipendere in via di principio la garanzia del pluralismo), l'irriducibile pluralità dei pensieri, delle opinioni, dei modelli di vita è un fatto, che la democrazia (e con essa qualsiasi paradigma sociale e teorico che sia volto alla liberazione e all'emancipazione da ogni forma di oppressione) deve tenere in conto e rispettare in ogni àmbito e in ogni momento, se vuole essere coerente con i propri assunti e le proprie “fondamenta” ideali.

Il moralismo, scorciatoia per smarrirsi. Commentando un libro di Valeria Ottonelli sul "femminismo moralista" / 1


Prima parte

Alcuni libri, particolarmente acuti – per il tema che propongono e per la maniera in cui lo svolgono – si prestano a generare un “arcipelago” di riflessioni che vanno ben al di là dello specifico argomento che essi affrontano. Diventano dunque fertili occasioni di analisi del clima sociale e culturale e della mentalità propri di un determinato tempo (che è poi il nostro...).

E' il caso di un volume scritto da Valeria Ottonelli, studiosa e docente di Filosofia Politica ed Etica Pubblica presso l'Università di Genova: s'intitola La libertà delle donne. Contro il femminismo moralista, ed è stato pubblicato nel 2011 dall'editrice Il Melangolo. E' un libro piccolo, quanto a numero di pagine, ma schietto nei toni e sorretto da una prosa chiara e da una rigorosa e limpida capacità argomentativa – e, pur possedendo tale qualità, è un libro che sa schivare egregiamente il rischio della pedanteria o anche solo della “pignoleria” accademica, rivolgendosi quindi idealmente a un pubblico vasto.
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