Riflessioni aperte, tra suggestioni, certezze in fieri e dubbi urgenti
Frontespizio
Le conclusioni provvisorie sono come i massi che ci consentono di attraversare un piccolo fiume: saltiamo dall'una all'altra, e possiamo farlo di volta in volta solo perché i "massi" precedenti ci hanno portato a quel punto.
«Che cosa rimane del pensiero critico, se rinuncia alla tentazione di aggrapparsi a schemi mentali, a retoriche e ad apparati argomentativi prefabbricati e di sicuro effetto scenico (manicheismo, messianismo, settarismo, complottismo, moralismo e simili...)? Non perde forse la sua capacità di attrarre l'attenzione dell'uditorio distratto facendogli sentire il suono delle unghie che graffiano la superficie delle cose?» può domandarsi qualcuno.
No, al pensiero critico non servono “scene madri” né “effetti speciali”; anzi, quanto più si dimostra capace di farne a meno, tanto più riesce a far comprendere la fondatezza e l'urgenza dei propri interrogativi. (In my humble opinion, of course!)
lunedì 6 giugno 2011
Riflessioni aperte, conclusioni provvisorie
Chiarezza non significa necessariamente limitarsi a volare basso, fra luoghi comuni, banalità e chiacchiere leggere - che talvolta possono anche fare un tratto di strada al nostro fianco. La chiarezza s'impone invece soprattutto laddove sembra esserci una matassa da dipanare, perché è lì che risalta meglio il suo compito.
Comunque, chi scrive non deve mai presumere di essere arrivato al fondo di un problema, alla conclusione "definitiva" di un ragionamento, anche se a volte ci si può avvicinare moltissimo alla mèta (non si può escluderlo); è sempre difficile tener conto di tutte le variabili che determinano i fenomeni che osserviamo nella realtà, a volte ne afferriamo solo qualcuna, a volte tante, a volte quasi tutte; ma tutte, nella loro interezza, no, forse mai.
Compiamo eterni work in progress, e forse noi stessi siamo un work in progress, anzi un lavoro in corso. Eppure ognuno di noi ha certezze mediante le quali si orienta nella realtà (nel suo ambiente, nella società, ecc.), la interpreta, cerca di cambiarla. La nostra voce, le nostre parole, esprimono pur sempre pensieri che forniscono tracce del nostro carattere, del nostro umore, delle nostre convinzioni, osservazioni sensate e ossessioni, del nostro passare.
La "provvisorietà" delle certezze non deve in fondo spaventarci, non ci toglie la passione per le idee; è un'implicita premessa alla nostra necessità di continuare a porre domande. O semplicemente di continuare...
Scrivere aiuta moltissimo - proprio come atto meccanico in sé - a chiarire i pensieri.
RispondiEliminaTi dirò di più: spesso, avendo l'intenzione di scrivere di qualcosa (di un film visto, un libro letto), mi è capitato di riuscire a mettere insieme qualche riflessione solo dopo aver iniziato a scrivere. Non prima. Mentre. Dopo. Come se l''atto in sé di digitare avesse il potere di sprigionare le idee.
Mi viene in mente questa frase di Jean Gaudon, il quale, a proposito di Victor Hugo, ebbe a dire: "L'autore scopre il proprio romanzo scrivendolo".
Ecco, parafrasando Gaudon, si può affermare che l'atto dello scrivere può aiutare a far luce, a combinare associazioni d'idee, a costruire percorsi di pensiero inediti.
Vedo che hai inaugurato da pochissimo il tuo blog.
"In bocca al lupo" (e che crepi il cacciatore!) :-)
Crepi il cacciatore, sì! Ti ringrazio per i tuoi commenti...
RispondiEliminaAnch'io ho constatato per esperienza che le idee si chiariscono proprio scrivendo; all'inizio si ha magari un'intuizione scarna riguardo a un determinato tema, a volte si ha il desiderio di reagire a una determinata impressione, o a qualcosa che ci sembra fuori posto, o che ci indigna, ecc.; poi, scrivendo, si chiariscono meglio i contorni di quella sensazione iniziale, e riusciamo a fare chiarezza in noi. E soltanto attraverso quella chiarezza ci si può poi confrontare con gli altri.