Frontespizio

Le conclusioni provvisorie sono come i massi che ci consentono di attraversare un piccolo fiume: saltiamo dall'una all'altra, e possiamo farlo di volta in volta solo perché i "massi" precedenti ci hanno portato a quel punto.

«Che cosa rimane del pensiero critico, se rinuncia alla tentazione di aggrapparsi a schemi mentali, a retoriche e ad apparati argomentativi prefabbricati e di sicuro effetto scenico (manicheismo, messianismo, settarismo, complottismo, moralismo e simili...)? Non perde forse la sua capacità di attrarre l'attenzione dell'uditorio distratto facendogli sentire il suono delle unghie che graffiano la superficie delle cose?» può domandarsi qualcuno.
No, al pensiero critico non servono “scene madri” né “effetti speciali”; anzi, quanto più si dimostra capace di farne a meno, tanto più riesce a far comprendere la fondatezza e l'urgenza dei propri interrogativi. (In my humble opinion, of course!)

lunedì 12 marzo 2012

"Faremo grandi cose", ovvero: Degli appuntamenti mancati

Ormai qualche decennio fa, nella nostra classe entrò un tale, che doveva essere il nuovo professore di educazione fisica (lo potevamo dedurre dall'orario delle lezioni che ci era stato trasmesso).

Non era lo stesso dell'anno precedente – era evidente. Questo qui era più alto, più atletico e più giovane, e aveva un piglio effettivamente sportivo e dinamico (il nostro ex professore sembrava piuttosto vicino alla pensione e poco interessato a svegliare l'entusiasmo dei suoi giovani alunni).


“Bene, ragazzi!” cominciò il nuovo insegnante, dando un'occhiata d'insieme alla classe, quasi volesse farsi un'idea di che razza di marmocchietti smidollati avesse davanti. Ma non sembrò scoraggiato o intimorito dalla visione, perché con la stessa baldanza proseguì: “Io quest'anno vi farò appassionare all'educazione fisica, vedrete! Non faremo solo esercizi a corpo libero in palestra, ma faremo anche corse all'aperto, quando il tempo ce lo permetterà. E non basta: vi insegnerò anche a giocare a pallacanestro e a pallavolo, ma sul serio però... Voglio fare venir fuori i vostri talenti, lo sport è importante come qualsiasi altra materia. Quest'anno faremo grandi cose insieme!”

Non ricordo cos'altro disse, il giovane prof, in quella pirotecnica lezione di presentazione; ci tenne un'ora a nutrire speranze e preoccupazioni (“Chissà se sarò all'altezza di un programma simile” si chiedevano alcuni di noi, a sentirlo parlare) e, al suono della campanella, uscimmo dall'aula frastornati.

Non avevamo fatto i conti però con la burocrazia scolastica (a quell'età non si sa nulla di certe cose o, se pure qualcosa si afferra, l'intuizione dell'età ingenua non è mai abbastanza vicina alla banalità del vero), e rimanemmo perplessi e delusi quando, alla lezione successiva di educazione fisica, vedemmo comparire tutt'altro insegnante, che ovviamente nulla volle sapere delle promesse del suo predecessore, “professore per un giorno”, e fin dall'inizio rese noiosa l'atmosfera. Non voleva far venire fuori “i nostri talenti”, ma semplicemente farci fare quello che da copione, o da programma minimo standard, era previsto, senza troppo impegnarsi. Rimase lui il nostro insegnante per il resto dell'anno scolastico, e quello del primo giorno non lo vedemmo mai più. Si disse che lo avevano trasferito altrove in extremis, forse per carenze di organico. Chissà...

Fatto sta che da allora mi è rimasta impressa quella sua promessa, perché la collego al nostro stato d'animo di quel tempo, di adolescenti curiosi di tutto, e ad aspettative durate solo un giorno e poi dissolte. Non sapemmo, né sapremo mai, come sarebbero state le ore di educazione fisica quell'anno, se il nostro insegnante fosse stato lui, il Professor “Meteora”.

Quindi, da quel tempo ho coniato un mio modo personale di definire la sindrome da “grandi promesse svanite”: dico tra me e me, sorridendo, “Eccoci, ci risiamo: siamo al faremo grandi cose”.

Può capitare che un nuovo governo, all'atto di insediarsi, preso da euforia, prometta di modificare il moto della terra e di influire sulla direzione dei venti. E mentre molti applaudono, credendo in simili programmi, non posso impedirmi di sorridere, quasi tentato di dire annuendo: “Sì, sì... Faremo grandi cose, vero?”

Sorrido quando lo penso, ma dentro ho sempre una punta – sia pure microscopica – di malinconia; perché una promessa sprecata e buttata via ci toglie sempre qualcosa; ci sottrae ancora un pezzetto della fiducia, sempre più sottile e sfilacciata, che ci portiamo dietro da quando eravamo ragazzini e credevamo in infinite possibilità, per noi e il mondo.

E qualche volta siamo noi stessi a promettere. O a ri-prometterci questo e quello.
Ci facciamo uno splendido programma: diventare fisici ed elaborare teorie sensazionali, alla stregua di Einstein (ovvero, a seconda dei talenti, diventare campioni come Pelè, o giganti del rock); oppure girare il mondo, ma girarlo sul serio, non tralasciando neppure una delle grandi città del globo e delle foreste e delle isole...; o ancora, leggere tutti i libri interessanti che sono stati scritti almeno dal Cinquecento ad oggi; o forse soltanto trovare la serenità collocando alla perfezione ogni pezzo della nostra esistenza (vita privata, lavoro, vita sociale...), come se si trattasse di un armonioso puzzle.

Insomma, diciamo a noi stessi, in un modo o nell'altro: Faremo grandi cose...
I giorni però non si fermano, passano, continuano a passare, non fanno altro che quello; la promessa che ci eravamo fatti sbiadisce come una vecchia foto (old style, di quelle ricavate da pellicole e rullini). Gli “imprevisti” e le divagazioni ci hanno sopraffatto e travolto, fino a diventare (non necessariamente per colpa nostra) la parte principale del nostro cammino, il suo vero corso.
Faremo grandi cose; certo, come no? E' buffo, se ci pensiamo: ci siamo cascati anche noi!
Ma in questo caso, come si fa a sorridere?

2 commenti:

  1. Eh, davvero... noi tutti ogni tanto cadiamo preda dell'illusione di poter fare grandi cose.
    Leggendo questo bel post mi viene in mente una riflessione ed un ricordo; parto da quest'ultimo: al liceo abbiamo avuto, per un periodo limitato, un vero e proprio professore appassionato ed appassionante alla sua materia, che era storia dell'arte; a primavera ci portava a far lezione all'aperto, camminando in giardino, forse seguace della scuola peripatetica. ;-)
    Una volta mi interrogò, ma io non avevo studiato. Glielo dissi e lui mi incitò comunque ad esprimere un mio commento su alcuni dipinti che stavamo studiando all'epoca. Improvvisai, non avendo studiato. Lasciandomi andare alla suggestione delle immagini. Mi mise otto. Disse che per comprendere l'arte non era importante studiare, ma guardare, sentire, percepire, sapersi immergere nelle tele.
    Lo mandarono via dopo qualche tempo. Peccato. Avremmo potuto imparare tanto.

    La riflessione è che tavolta la vita, i nostri progetti di essa, non vanno nella direazione sperata, un po' perché non siamo in grado di star dietro ai nostri sogni e al nostro desiderio di "compiere grandi cose", un po' perché la realtà, con i suoi imprevisti, ci ostacola e ci mette davanti un sacco di imprevisti.
    Purtuttavia accade però che riusciamo ad essere e a fare altro, ugualmente importante, ma presi come siamo dal rimpianto per ciò che non siamo riusciti a realizzare, non riusciamo abbastanza ad apprezzarlo, a valorizzarlo nei nostri cuori.

    Insomma, il mio motto è: non pensare a ciò che non hai fatto e che avresti potuto fare, ma a ciò che invece non avresti mai immaginato di fare ed hai fatto. :-)

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    1. Ci sono professori come quello di cui hai parlato; io ne ho conosciuto qualcuno, nel corso della mia carriera scolastica e universitaria. Mi ritengo perciò (almeno per questa e alcune altre cose) fortunato :)
      Condivido poi specialmente la conclusione del tuo commento. Anzi, in qualche modo è la vera conclusione del mio post, quello che ho omesso - forse perché mi andava di concludere con una nota pensosa (ma non troppo!).
      Anche se le speranze non si realizzano per intero e nella maniera precisa che desideravamo, "riusciamo ad essere e a fare altro, ugualmente importante".
      La penso esattamente così :)

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